Cass. civ., sez. I, ord., 8 luglio 2022, n. 21760 - Ammissione al passivo e domanda c.d. supertardiva.

Cass. civ., sez. I, ord., 8 luglio 2022, n. 21760 - Ammissione al passivo e domanda c.d. supertardiva.

Nel caso della c.d. domanda "supertardiva", il termine decadenziale, sino all'esaurimento del riparto dell'attivo, non opera, ove il creditore provi che l'inosservanza del termine finale per la presentazione della domanda non gli sia addebitabile.

Il Tribunale di Udine, con decreto del 27 novembre del 2013, ha respinto l'opposizione L. Fall., ex art. 98,proposta dall"Agenzia delle Entrate, direzione provinciale di Udine, avverso il decreto del giudice delegato che aveva dichiarato inammissibile, ai sensi della L. Fall., art. 101, comma 1, e L. n. 270 del 1999, art. 53, la domanda tardiva con la quale l'opponente aveva chiesto l'ammissione allo stato passivo dell'Amministrazione Straordinaria di Caffaro Chimica in liquidazione s.r.l. del credito erariale di Euro 1.222.099,74, in quanto presentata dopo la scadenza del termine (di diciotto mesi) dal deposito del decreto di esecutività, fissato nella sentenza dichiarativa dell'insolvenza.

Il tribunale ha premesso che era pacifico che il Commissario Straordinario non avesse mai inviato alla direzione di Udine dell'Agenzia delle Entrate la comunicazione di cui alla L. n. 270 del 1999, art. 22, e L. Fall., art. 92, e che tale circostanza, integrando di per sé gli estremi della "causa non imputabile al creditore" di cui alla L. Fall., art. 101, comma 4, comportava l'inversione dell'onere della prova, spettando al C.S. di provare che la creditrice aveva avuto notizia dell'apertura della procedura indipendentemente dalla ricezione dell'avviso.

Ha tuttavia ritenuto che nella specie tale prova fosse stata fornita dall'opposto in ragione della "notorietà" della dichiarazione di insolvenza di Caffaro Chimica s.r.l. da parte del Tribunale di Udine, che aveva avuto ampio risalto mediatico, specie sui giornali e nei telegiornali locali, e che dunque doveva presumersi essere venuta a conoscenza anche del personale della sede provinciale dell'opponente.

Il decreto è stato impugnato dall'Agenzia delle Entrate con ricorso per cassazione affidato ad un mezzo. L'A.S. ha replicato con controricorso.

Considerato in diritto che:

1. Con l'unico motivo, che denuncia violazione dell'art. 115 c.p.c., comma 2, la ricorrente lamenta che il tribunale abbia ritenuto provata la sua piena e diretta conoscenza dell'assoggettamento della Caffaro alla procedura concorsuale in base al c.d. fatto notorio. Segnatamente, sollecita il corretto inquadramento della portata probatoria del fatto notorio, dopo avere assunto che i fatti notori comportano, nel loro utilizzo ex officio da parte del giudice "senza bisogno di prove", una duplice deroga al principio della disponibilità delle prove ed al contraddittorio.

Osserva che il risalto mediatico della crisi del Gruppo Caffaro non appariva idoneo a determinare la certa conoscenza da parte del personale dell'Agenzia della procedura concorsuale. Si duole, quindi, che sia stato utilizzato un procedimento induttivo per dedurre da un fatto noto (insolvenza della Caffaro Chimica SRL) un fatto ignoto (conoscenza da parte del personale dell'Agenzia della instaurazione della procedura concorsuale), sostenendo che solo il primo fatto poteva essere ritenuto provato dal giudice mediante la nozione di fatto notorio e non quello successivo.

2. Il motivo è fondato.

3. Nel caso in esame, il tribunale, recependo l'argomento svolto dall'A.S. circa l'ascrivibilità al "fatto notorio" della dichiarazione di insolvenza di Caffaro Chimica s.r.l., ne ha dedotto la immediata e diretta conoscenza da parte dell'Agenzia delle entrate e ha ravvisato la tardività della domanda di ammissione al passivo.

In particolare, il giudice del merito ha affermato: i) che, una volta ammessa la notorietà della crisi del gruppo e la dichiarazione di insolvenza di alcune società che lo componevano, l'individuazione specifica di tali società non poteva essere considerata un ostacolo alla conoscenza effettiva dell'apertura della procedura concorsuale; ii) che in tal modo non venivano prospettati "effetti notificatori" delle comunicazioni mass-mediatiche, ma veniva dato rilievo alla notorietà di un fatto al fine del giudizio in merito all'assolvimento dell'onere di provare la conoscenza di quel fatto; iii) che la rilevanza della notorietà del fatto non è limitata alle persone fisiche, ma può essere riferita anche a coloro che rappresentano o operano in soggetti collettivi e che ciò valeva anche per le Pubbliche amministrazioni.

Da tali premesse ha quindi tratto la conclusione che "la parte resistente ha dimostrato che il creditore ebbe di fatto immediata notizia dell'apertura della procedura concorsuale, nonostante l'omessa comunicazione ai sensi della L. n. 270 del 1999, art. 22, (il che rende il caso di specie non assimilabile a quello giudicato dalla citata Cass. 19.3.2012, n. 4310, ove la conoscenza del creditore era stata presunta - dai giudici di merito - sulla base del solo dato di fatto dell'avvenuta pubblicazione della sentenza di fallimento nel registro delle imprese)".

4. L'assunto non può essere condiviso.

5.1. Il D.Lgs. 8 luglio 1999, n. 270, art. 22, in tema di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, prevede, analogamente a quanto stabilito dalla L. Fall., art. 92, che il commissario comunichi ai creditori e ai terzi che vantano diritti reali mobiliari su beni in possesso dell'imprenditore insolvente il termine entro il quale devono far pervenire in cancelleria le loro domande, nonché le disposizioni della sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza che riguardano l'accertamento del passivo; stabilisce, a tal fine, che la comunicazione sia effettuata mediante lettera raccomandata o con mezzi telematici che diano certezza della ricezione. L'art. 53, del D.Lgs. cit. puntualizza poi che l'accertamento del passivo prosegue sulla base delle disposizioni della sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza, secondo il procedimento previsto dalla L. Fall., art. 93 e ss., sostituito al curatore il commissario straordinario.

5.2. In ragione del rinvio, quanto alle domande di ammissione al passivo, trova applicazione la L. Fall., art. 101, che qualifica come "tardive" le domande depositate in cancelleria oltre il termine di trenta giorni prima dell'udienza fissata per la verifica dello stato passivo e non oltre quello di dodici mesi (prorogabile dal tribunale a diciotto mesi in caso di particolare complessità della procedura) dal deposito del decreto di esecutività dello stato passivo.

L'ultimo comma della norma in oggetto - che disciplina le domande cd. "supertardive" o "ultratardive" prevede che "decorso il termine di cui al comma 1, e comunque fino a quando non siano esaurite tutte le ripartizioni dell'attivo fallimentare, le domande tardive sono ammissibili se l'istante prova che il ritardo è dipeso da causa non imputabile".

Nel caso quindi della c.d. domanda "supertardiva", il termine decadenziale, sino all'esaurimento del riparto dell'attivo, non opera, ove il creditore provi che l'inosservanza del termine finale per la presentazione della domanda non gli sia addebitabile.

5.3. Il mancato invio della comunicazione da parte del curatore (o, come nella specie, da parte del Commissario Straordinario) integra, per l'appunto, una causa non imputabile del ritardo nell'insinuazione al passivo del creditore, a fronte della quale è onere non già di quest'ultimo, bensì del primo, fornire la prova della conoscenza in capo al creditore dell'avvenuta apertura della procedura e delle scansioni temporali di svolgimento della stessa fissate dalla sentenza dichiarativa (Cass. n. 21316/2015; Cass. n. 26396/20121). Questa Corte ha tuttavia anche affermato che la facoltà del curatore (o del C.S.) di provare, ai fini dell'inammissibilità della domanda, che il creditore abbia avuto notizia del fallimento (o della dichiarazione di insolvenza) indipendentemente dalla ricezione dell'avviso "implica un accertamento di fatto rimesso alla valutazione del giudice del merito che, se logicamente e congruamente motivato, sfugge al sindacato di legittimità" (Cass. n. 23302/2015; conf. Cass. 16103/2018; Cass. n. 20120/2016).

5.4. È opinione del collegio che tale ultimo principio vada integrato con la precisazione che l'accertamento del giudice del merito deve avere ad oggetto la conoscenza effettiva (e non già la conoscenza di mero fatto, nè, tantomeno, l'astratta conoscibilità) dell'emissione della sentenza dichiarativa del fallimento- o dell'insolvenza - della debitrice da parte del destinatario, nonché della data del suo conseguimento, ovvero una conoscenza assimilabile a quella, legale, che sarebbe stata garantita dal rispetto della forma prevista dalla L. Fall., art. 92, comma 1, e D.Lgs. n. 270 del 1999, art. 22.

5.5. Lo scopo cui è preordinato l'avviso è infatti quello di porre in grado i creditori di approntare la domanda di ammissione al passivo entro i termini di decadenza previsti dalla legge (e dalla sentenza dichiarativa): in assenza di tale adempimento, la domanda di ammissione non può dunque ritenersi preclusa per effetto dello spirare dei termini in questione se non risulti l'esistenza di un documento, o di un fatto processuale equipollente all'avviso, che dimostrino in maniera certa che il creditore ha avuto tempestiva notizia dell'apertura della procedura e che pertanto si è ugualmente realizzato lo scopo (il risultato pratico) cui detto avviso era finalizzato ex lege.

Ne è conferma l'esame di altri precedenti di questa Corte che, in fattispecie similari, hanno ad esempio concluso per l'inammissibilità della domanda supertardiva a fronte di una specifica comunicazione della sentenza di fallimento a mezzo fax (Cass. n. 23302/2015) e per la sua ammissibilità a fronte di una ricezione dell'avviso L. Fall., ex art. 92, "allorquando il creditore istante non era ancora subentrato, a seguito di fusione per incorporazione, all'originario creditore della società fallita, non potendo ritenersi che il rapporto di controllo preesistente tra le due società implicasse anche la trasmissione della conoscenza del fallimento" (Cass. n. 21316/2015).

Tanto in applicazione del principio, da ultimo enunciato da Cass. S.U. n. 16084/2021, secondo cui "... nell'assetto costituzionale che garantisce il diritto di agire in giudizio e il dritto di difesa (art. 24 Cost.), ove un termine sia prescritto per il compimento di un'attività processuale, la cui omissione si risolva per la parte in pregiudizio della situazione tutelata, deve essere assicurata all'interessato la conoscibilità del momento di iniziale decorrenza del termine stesso, onde poter utilizzare, nella sua interezza, il tempo assegnatogli, pena la violazione del diritto di azione e di difesa. Diversamente, la parte sarebbe vincolata al rispetto di oneri processuali, che non è in grado di assolvere, non avendo avuto conoscenza del provvedimento del giudice, salvo l'uso di una diligenza ben superiore a quella "normale" che la Corte costituzionale ha ritenuto doverosa per la conoscibilità di un evento processuale (C. Cost. n. 34 del 1970; C. Cost. n. 159 del 1971; C. Cost. n. 14 e n. 15 del 1977; C. Cost. n. 303 del 1985; C. Cost. n. 255 e n. 156 del 1986; C. Cost., C. Cost. n. 120 del 1986; C. Cost. n. 223/1993; C. Cost. n. 144 del 1996)".

Questa Corte ha già ritenute inidonee a provare l'imputabilità del ritardo al creditore che, non avendo ricevuto l'avviso, depositi la domanda di ammissione oltre il termine di cui alla L. Fall., art. 101, comma 1, l'annotazione della sentenza di fallimento nel registro delle imprese, ex art. 17 della legge (Cass. n. 4310/2012) o la sola pubblicazione in Gazzetta ufficiale dell'apertura della liquidazione coatta amministrativa (Cass. n. 26396/2021), ancorché si tratti di forme di pubblicità- notizia che integrano, ad altri effetti, una presunzione di conoscenza legale della sentenza dichiarativa nei confronti di soggetti diversi dai creditori concorsuali; va dunque a maggior ragione escluso che, nel caso di omesso invio dell'avviso, l'onere del curatore o del commissario di provare che il creditore ha avuto notizia certa e tempestiva dell'apertura della procedura possa essere assolto mediante il ricorso al "notorio", cui difetta qualsivoglia connotazione di prova documentale o legale.

Altrimenti, tanto varrebbe affermare che per le dichiarazioni di fallimento più rilevanti o destinate ad assurgere agli onori della cronaca, l'avviso in questione è superfluo.

In conclusione, escluso che l'incontestata riconducibilità dell'insolvenza delle società del Gruppo Caffaro Chimica nell'ambito del "fatto notorio" sia idonea a provare la conoscenza qualificata dell'apertura della procedura concorsuale da parte dell'Agenzia delle entrate, il decreto impugnato va cassato, con rinvio della causa al Tribunale di Udine in diversa composizione, che si atterrà al seguente principio di diritto:

"In tema di ammissione al passivo di una procedura concorsuale, nel caso di domanda cd. "supertardiva", il mancato avviso al creditore dell'apertura della procedura integra una causa non imputabile del ritardo per il creditore; è, pertanto, onere del commissario dimostrare, ai fini dell'inammissibilità della domanda, che, pur in difetto di prova della conoscenza legale, il creditore ha avuto conoscenza effettiva e tempestiva dell'emissione della sentenza dichiarativa e che, in tal modo, si sia realizzato il risultato pratico cui l'avviso era finalizzato ex lege, restando in conseguenza irrilevante il mero "fatto notorio" dell'apertura della procedura concorsuale".

6. Il giudice del rinvio provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

- La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia la causa al Tribunale di Udine, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.