Informativa sensi dell'Art. 17

Informativa sensi dell
Il Codice Deontologico Forense riguarda i principi e la modalità di esercizio dell’Avvocatura, a partire dalla tutela dei diritti e degli interessi della persona, assicurando la conoscenza delle leggi e contribuendo pienamente all’attuazione dell’ordinamento per i fini della giustizia.

CODICE DEONTOLOGICO FORENSE

  Testo approvato dal Consiglio Nazionale Forense nella seduta del 17 aprile 1997 ed aggiornato con le modifiche introdotte il 16 ottobre 1999, il 26 ottobre 2002, il 27 gennaio 2006 (ulteriori modifiche sono state apportate il 14 dicembre 2006, in attuazione della legge 4 agosto 2006, n. 248), il 18 gennaio 2007, il 12 giugno 2008, il 15 luglio 2011 ed il 16 dicembre 2011.
 
* Si riportano in neretto le parti degli articoli modificati dal Consiglio nazionale forense il 12 giugno 2008 (artt. 17bis, 18, 24, 45), il 15 luglio 2011(artt. 16, 54 e 55 bis) ed il 16 dicembre 2011 (art. 55).
 
PREAMBOLO
 
L’avvocato esercita la propria attività in piena libertà, autonomia ed indipendenza, per tutelare i diritti e gli interessi della persona, assicurando la conoscenza delle leggi e contribuendo in tal modo all’attuazione dell’ordinamento per i fini della giustizia.
 
Nell’esercizio della sua funzione, l’avvocato vigila sulla conformità delle leggi ai principi della Costituzione, nel rispetto della Convenzione per la salvaguardia dei diritti umani e dell’Ordinamento comunitario; garantisce il diritto alla libertà e sicurezza e l’inviolabilità della difesa; assicura la regolarità del giudizio e del contraddittorio.
 
Le norme deontologiche sono essenziali per la realizzazione e la tutela di questi valori.
 
 
TITOLO I
 
PRINCIPI GENERALI
 
Art. 1 – ­Ambito di applicazione.
 
Le norme deontologiche si applicano a tutti gli avvocati e praticanti nella loro attività, nei loro reciproci rapporti e nei confronti dei terzi.
 
 
Art. 2 – Potestà disciplinare.
 
Spetta agli organi disciplinari la potestà di infliggere le sanzioni adeguate e proporzionate alla violazione delle norme deontologiche.
Le sanzioni devono essere adeguate alla gravità dei fatti e devono tener conto della reiterazione dei comportamenti nonché delle specifiche circostanze, soggettive e oggettive, che hanno concorso a determinare l’infrazione.
 
 
Art. 3 – Volontarietà dell’azione.
 
La responsabilità disciplinare discende dalla inosservanza dei doveri e dalla volontarietà della condotta, anche se omissiva.
Oggetto di valutazione è il comportamento complessivo dell’incolpato.
Quando siano mossi vari addebiti nell’ambito di uno stesso procedimento la sanzione deve essere unica.
 
 
Art. 4 – Attività all’estero e attività in Italia dello straniero.
 
Nell’esercizio di attività professionali all’estero, che siano consentite dalle disposizioni in vigore, l’avvocato italiano è tenuto al rispetto delle norme deontologiche del paese in cui viene svolta l’attività.
Del pari l’avvocato straniero, nell’esercizio dell’attività professionale in Italia, quando questa sia consentita, è tenuto al rispetto delle norme deontologiche italiane.
 
 
Art. 5 – Doveri di probità, dignità e decoro.
 
L’avvocato deve ispirare la propria condotta all’osservanza dei doveri di probità, dignità e decoro.
I.      Deve essere sottoposto a procedimento disciplinare l’avvocato cui sia imputabile un comportamento non colposo che abbia violato la legge penale, salva ogni autonoma valutazione sul fatto commesso.
II.      L’avvocato è soggetto a procedimento disciplinare per fatti anche non riguardanti l’attività forense, quando si riflettano sulla sua reputazione professionale o compromettano l’immagine della classe forense.
III.      L’avvocato che sia indagato o imputato in un procedimento penale non può assumere o mantenere la difesa di altra parte nello stesso procedimento.
 
 
Art. 6 – Doveri di lealtà e correttezza.
 
L’avvocato deve svolgere la propria attività professionale con lealtà e correttezza.
I.      L’avvocato non deve proporre azioni o assumere iniziative in giudizio con mala fede o colpa grave.
 
Art. 7 – Dovere di fedeltà.
 
 È dovere dell’avvocato svolgere con fedeltà la propria attività professionale.
I.      Costituisce infrazione disciplinare il comportamento dell’avvocato che compia consapevolmente atti contrari all’interesse del proprio assistito.
II.      L’avvocato deve esercitare la sua attività anche nel rispetto dei doveri che la sua funzione gli impone verso la collettività per la salvaguardia dei diritti dell’uomo nei confronti dello Stato e di ogni altro potere.
 
Art. 8 – Dovere di diligenza.
 
 L’avvocato deve adempiere i propri doveri professionali con diligenza.
 
 
Art. 9 – Dovere di segretezza e riservatezza.
 
È dovere, oltre che diritto, primario e fondamentale dell’avvocato mantenere il segreto sull’attività prestata e su tutte le informazioni che siano a lui fornite dalla parte assistita o di cui sia venuto a conoscenza in dipendenza del mandato.
I.      L’avvocato è tenuto al dovere di segretezza e riservatezza anche nei confronti degli ex‑clienti, sia per l’attività giudiziale che per l’attività stragiudiziale.
II.      La segretezza deve essere rispettata anche nei confronti di colui che si rivolga all’avvocato per chiedere assistenza senza che il mandato sia accettato.
III.      L’avvocato è tenuto a richiedere il rispetto del segreto professionale anche ai propri collaboratori e dipendenti e a tutte le persone che cooperano nello svolgimento dell’attività professionale.
IV.      Costituiscono eccezione alla regola generale i casi in cui la divulgazione di alcune informazioni relative alla parte assistita sia necessaria:
a.       per lo svolgimento delle attività di difesa;
b.      al fine di impedire la commissione da parte dello stesso assistito di un reato di particolare gravità;
c.       al fine di allegare circostanze di fatto in una controversia tra avvocato e assistito;
d.      in un procedimento concernente le modalità della difesa degli interessi dell’assistito.
In ogni caso la divulgazione dovrà essere limitata a quanto strettamente necessario per il fine tutelato.
 
 
Art. 10 – Dovere di indipendenza.
 
Nell’esercizio dell’attività professionale l’avvocato ha il dovere di conservare la propria indipendenza e difendere la propria libertà da pressioni o condizionamenti esterni.
I.      L’avvocato non deve tener conto di interessi riguardanti la propria sfera personale.
 
 
Art. 11– Dovere di difesa.
 
L’avvocato deve prestare la propria attività difensiva anche quando ne sia richiesto dagli organi giudiziari in base alle leggi vigenti.
I.      L’avvocato che venga nominato difensore d’ufficio deve, quando ciò sia possibile, comunicare all’assistito che ha facoltà di scegliersi un difensore di fiducia, e deve informarlo, ove intenda richiedere un compenso, che anche il difensore d’ufficio deve essere retribuito a norma di legge.
II.      Costituisce infrazione disciplinare il rifiuto ingiustificato di prestare attività di gratuito patrocinio o la richiesta all’assistito di un compenso per la prestazione di tale attività.
 
 
Art. 12 – Dovere di competenza.
 
L’avvocato non deve accettare incarichi che sappia di non poter svolgere con adeguata competenza. 
I.      L’avvocato deve comunicare all’assistito le circostanze impeditive alla prestazione dell’attività richiesta, valutando, per il caso di controversie di particolare impegno e complessità, l’opportunità della integrazione della difesa con altro collega.
II.      L’accettazione di un determinato incarico professionale fa presumere la competenza a svolgere quell’incarico.
 
 
Art. 13 – Dovere di aggiornamento professionale.
 
 E’ dovere dell’avvocato curare costantemente la propria preparazione professionale, conservando e accrescendo le conoscenze con particolare riferimento ai settori nei quali svolga l’attività.
I.      L’avvocato realizza la propria formazione permanente con lo studio individuale e la partecipazione a iniziative culturali in campo giuridico e forense.
II.      E’ dovere deontologico dell’avvocato quello di rispettare i regolamenti del Consiglio Nazionale Forense e del Consiglio dell’Ordine di appartenenza concernenti gli obblighi e i programmi formativi.
 
 
Art. 14 – Dovere di verità.
 
Le dichiarazioni in giudizio relative alla esistenza o inesistenza di fatti obiettivi, che siano presupposto specifico per un provvedimento del magistrato, e di cui l’avvocato abbia diretta conoscenza, devono essere veree comunque tali da non indurre il giudice in errore.
I.      L’avvocato non può introdurre intenzionalmente nel processo prove false. In particolare, il difensore non può assumere a verbale né introdurre dichiarazioni di persone informate sui fatti che sappia essere false.
II.      L’avvocato è tenuto a menzionare i provvedimenti già ottenuti o il rigetto dei provvedimento richiesti, nella presentazione di istanze o richieste sul presupposto della medesima situazione di fatto.
 
 
Art. 15 – Dovere di adempimento previdenziale e fiscale.
 
L’avvocato deve provvedere regolarmente e tempestivamente agli adempimenti dovuti agli organi forensi nonché agli adempimenti previdenziali e fiscali a suo carico, secondo le norme vigenti.
 
 
ART. 16. - Dovere di evitare incompatibilità.
E' dovere dell'avvocato evitare situazioni di incompatibilità ostative alla permanenza nell'albo, e, comunque nel dubbio, richiedere il parere del proprio Consiglio dell'ordine.
I. L'avvocato non deve porre in essere attività commerciale o comunque attività incompatibile con i doveri di indipendenza e di decoro della professione forense. (1)
II. Costituisce infrazione disciplinare l'avere richiesto l'iscrizione all'albo in pendenza di cause di incompatibilità, non dichiarate, ancorché queste siano venute meno.
 
(1) Canone così modificato dal CNF con la delibera del 15 luglio 2011. La precedente versione così recitava: "I. L'avvocato non deve porre in essere attività commerciale o di mediazione".
 
                                                                                                                                
Art. 17 – Informazioni sull’attività professionale.
 
L’avvocato può dare informazioni sulla propria attività professionale.
Il contenuto e la forma dell’informazione devono essere coerenti con la finalità della tutela dell’affidamento della collettività  e rispondere a criteri di trasparenza e veridicità, il rispetto dei quali è verificato dal competente Consiglio dell’Ordine.
Quanto al contenuto, l’informazione deve essere conforme a verità e correttezza e non può avere ad oggetto notizie riservate o coperte dal segreto professionale. L’avvocato non può rivelare al pubblico il nome dei propri clienti, ancorché questi vi consentano.
Quanto alla forma e alle modalità, l’informazione deve rispettare la dignità e il decoro della professione.
In ogni caso, l’informazione non deve assumere i connotati della pubblicità ingannevole, elogiativa, comparativa.
I.      Sono consentite, a fini non lucrativi, l’organizzazione e la sponsorizzazione di seminari di studio, di corsi di formazione professionale e di convegni in discipline attinenti alla professione forense da parte di avvocati o di società o di associazioni di avvocati.
II.      E’ consentita l’indicazione del nome di un avvocato defunto, che abbia fatto parte dello studio, purché il professionista a suo tempo lo abbia espressamente previsto o abbia disposto per testamento in tal senso, ovvero vi sia il consenso unanime dei suoi eredi.
 
 
Art. 17 bis – Modalità dell’informazione.
 
L’avvocato che intende dare informazione sulla propria attività professionale deve indicare:
•) la denominazione dello studio, con la indicazione dei nominativi dei professionisti che lo compongono qualora l’esercizio della professione sia svolto in forma associata o societaria;
•) il Consiglio dell’Ordine presso il quale è iscritto ciascuno dei componenti lo studio;
•) la sede principale di esercizio, le eventuali sedi secondarie ed i recapiti, con l’indicazione di indirizzo, numeri telefonici, fax, e-mail e del sito web, se attivato.
•) il titolo professionale che consente all’avvocato straniero l’esercizio in Italia, o che consenta all’avvocato italiano l’esercizio all’estero, della professione di avvocato in conformità delle direttive comunitarie.
Può indicare:
•) i titoli accademici;
•) i diplomi di specializzazione conseguiti presso gli istituti universitari;
•) l’abilitazione a esercitare avanti alle giurisdizioni superiori;
•) i settori di esercizio dell’attività professionale e, nell’ambito di questi, eventuali materie di attività prevalente;
•) le lingue conosciute;
•) il logo dello studio;
•) gli estremi della polizza assicurativa per la responsabilità professionale;
•) l’eventuale certificazione di qualità dello studio; l’avvocato che intenda fare menzione di una certificazione di qualità deve depositare presso il Consiglio dell’Ordine il giustificativo della certificazione in corso di validità e l’indicazione completa del certificatore e del campo di applicazione della certificazione ufficialmente riconosciuta dallo Stato;
L’avvocato può utilizzare esclusivamente i siti web con domini propri e direttamente riconducibili a sé, allo studio legale associato o alla società di avvocati alla quale partecipa, previa comunicazione tempestiva al Consiglio dell’Ordine di appartenenza della forma e del contenuto in cui è espresso.
Il professionista è responsabile del contenuto del sito e in esso deve indicare i dati previsti dal primo comma.
Il sito non può contenere riferimenti commerciali e/o pubblicitari mediante l’indicazione diretta o tramite banner o pop-up di alcun tipo.
 
 
Art. 18 – Rapporti con la stampa.
 
Nei rapporti con la stampa e con gli altri mezzi di diffusione l’avvocato deve ispirarsi a criteri di equilibrio e misura nel rilasciare interviste, per il rispetto dei doveri di discrezione e riservatezza.
I.      Il difensore, con il consenso del proprio assistito e nell’esclusivo interesse dello stesso, può fornire agli organi di informazione e di stampa notizie che non siano coperte dal segreto di indagine.
II.      In ogni caso, nei rapporti con gli organi di informazione e con gli altri mezzi di diffusione, è fatto divieto all’avvocato di enfatizzare la propria capacità professionale, di spendere il nome dei propri clienti, di sollecitare articoli di stampa o interviste sia su organi di informazione sia su altri mezzi di diffusione; è fatto divieto altresì di convocare conferenze stampa fatte salve le esigenze di difesa del cliente.
III.      E’ consentito all’avvocato, previa comunicazione al Consiglio dell’Ordine di appartenenza, di tenere o curare rubriche fisse su organi di stampa con l’indicazione del proprio nome e di partecipare a rubriche fisse televisive o radiofoniche.
  
 
Art. 19 ­– Divieto di accaparramento di clientela.
 
E’ vietata ogni condotta diretta all’acquisizione di rapporti di clientela a mezzo di agenzie o procacciatori o con modi non conformi alla correttezza e decoro.
I.      L’avvocato non deve corrispondere ad un collega, o ad un altro soggetto, un onorario, una provvigione o qualsiasi altro compenso quale corrispettivo per la presentazione di un cliente.
II.      Costituisce infrazione disciplinare l’offerta di omaggi o prestazioni a terzi ovvero la corresponsione o la promessa di vantaggi per ottenere difese o incarichi.
III.      E’ vietato offrire, sia direttamente che per interposta persona, le proprie prestazioni professionali al domicilio degli utenti, nei luoghi di lavoro, di riposo, di svago e, in generale, in luoghi pubblici o aperti al pubblico.
IV.      E’ altresì vietato all’avvocato offrire, senza esserne richiesto, una prestazione personalizzata e, cioè, rivolta a una persona determinata per un specifico affare.
 
 
Art. 20 – Divieto di uso di espressioni sconvenienti od offensive.
 
Indipendentemente dalle disposizioni civili e penali, l’avvocato deve evitare di usare espressioni sconvenienti od offensive negli scritti in giudizio e nell’attività professionale in genere, sia nei confronti dei colleghi che nei confronti dei magistrati, delle controparti e dei terzi.
I.      La ritorsione o la provocazione o la reciprocità delle offese non escludono l’infrazione della regola deontologica.
 
Art. 21 –Divieto di attività professionale senza titolo o di uso di titoli inesistenti.
L’iscrizione all’albo costituisce presupposto per  l’esercizio dell’attività giudiziale e stragiudiziale di assistenza e consulenza in materia legale e per l’utilizzo del relativo titolo.
I.      Costituisce illecito disciplinare l’uso di un titolo professionale non conseguito ovvero lo svolgimento di attività in mancanza di titolo o in periodo di sospensione.
II.      Costituisce altresì illecito disciplinare il comportamento dell’avvocato che agevoli, o, in qualsiasi altro modo diretto o indiretto, renda possibile a soggetti non abilitati o sospesi  l’esercizio abusivo dell’attività di avvocato o consenta che tali soggetti ne possano ricavare benefici economici, anche se limitatamente al periodo di eventuale sospensione dall’esercizio.
III.      L’avvocato può utilizzare il titolo accademico di professore solo se sia docente universitario di materie giuridiche. In ogni caso dovrà specificare la qualifica, la materia di insegnamento e la facoltà.
IV.      L’iscritto nel registro dei praticanti avvocati può usare esclusivamente e per esteso il titolo di “praticante avvocato”, con l’eventuale indicazione di “abilitato al patrocinio” qualora abbia conseguito tale abilitazione.
 
 
TITOLO II
 
RAPPORTI CON I COLLEGHI
 
 
Art. 22 – Rapporto di colleganza.
 
L’avvocato deve mantenere sempre nei confronti dei colleghi un comportamento ispirato a correttezza e lealtà.
I.      L’avvocato che collabori con altro collega è tenuto a rispondere con sollecitudine alle  sue richieste di informativa.
II.      L’avvocato che intenda promuovere un giudizio nei confronti di un collega per fatti attinenti all’esercizio della professione deve dargliene preventiva comunicazione per iscritto, tranne che l’avviso  possa pregiudicare  il diritto da tutelare.
III.      L’avvocato non può registrare una conversazione telefonica con il collega. La registrazione, nel corso di una riunione, è consentita soltanto con il consenso di tutti i presenti.
 
 
Art. 23 – Rapporto di colleganza e dovere di difesa nel processo.
 
Nell’attività giudiziale l’avvocato deve ispirare la propria condotta all’osservanza del dovere di difesa, salvaguardando in quanto possibile il rapporto di colleganza.
I.      L’avvocato è tenuto a rispettare la puntualità alle udienze e in ogni altra occasione di incontro con i colleghi.
II.      L’avvocato deve opporsi a qualunque istanza, irrituale o ingiustificata, formulata nel processo dalle controparti che comporti pregiudizio per la parte assistita.
III.      Il difensore che riceva l’incarico di fiducia dall’imputato è tenuto a comunicare tempestivamente con mezzi idonei al collega, già nominato d’ufficio, il mandato ricevuto e, senza pregiudizio per il diritto di difesa, deve raccomandare alla parte di provvedere  alpagamento di quanto è dovuto al difensore d’ufficio per l’attività professionale eventualmente già svolta.
IV.      Nell’esercizio del mandato l’avvocato può collaborare con i difensori  delle altre parti, anche scambiando informazioni, atti e documenti, nell’interesse della parte assistita e nel rispetto della legge.
V.      Nei casi di difesa congiunta, è dovere del difensore consultare il co-difensore in ordine ad ogni scelta processuale ed informarlo del contenuto dei colloqui con il comune assistito, al fine della effettiva condivisione della strategia processuale.
VI.      L’interruzione delle trattative stragiudiziali, nella prospettiva di dare inizio ad azioni giudiziarie, deve essere comunicata al collega avversario.
 
 
Art. 24 – Rapporti con il Consiglio dell’Ordine.
 
 L’avvocato ha il dovere di collaborare con il Consiglio dell’Ordine di appartenenza, o con altro che ne faccia richiesta, per l’attuazione delle finalità istituzionali osservando scrupolosamente il dovere di verità. A tal fine ogni iscritto è tenuto a riferire al Consiglio fatti a sua conoscenza relativi alla vita forense o alla amministrazione della giustizia, che richiedano iniziative o interventi collegiali.
I.      Nell'ambito di un procedimento disciplinare, la mancata risposta dell'iscritto agli addebiti comunicatigli e la mancata presentazione di osservazioni e difese non costituisce autonomo illecito disciplinare, pur potendo tali comportamenti essere valutati dall'organo giudicante nella formazione del proprio libero convincimento.
II.      Qualora il Consiglio dell’Ordine richieda all’iscritto chiarimenti, notizie o adempimenti in relazione ad un esposto presentato da una parte o da un collega tendente ad ottenere notizie o adempimenti nell’interesse dello stesso reclamante, la mancata sollecita risposta dell’iscritto costituisce illecito disciplinare.
III.      L’avvocato chiamato a far parte del Consiglio dell’Ordine deve adempiere l’incarico con diligenza, imparzialità e nell’interesse generale.
IV.      Ai fini della tenuta degli albi, l’avvocato ha il dovere di comunicare senza ritardo al Consiglio dell’Ordine di appartenenza ed eventualmente a quello competente per territorio, la costituzione di associazioni o società professionali e i successivi eventi modificativi, nonché l’apertura di studi principali, secondari e anche recapiti professionali.
 
 
Art. 25 – Rapporti con i collaboratori dello studio.
 
L’avvocato deve consentire ai propri collaboratori di migliorare la preparazione professionale, compensandone la collaborazione in proporzione all’apporto ricevuto.
 
 
Art. 26 – Rapporti con i praticanti.
 
L’avvocato è tenuto verso i praticanti ad assicurare la effettività ed a favorire la proficuità della pratica forense al fine di consentire un’adeguata formazione.
I.      L’avvocato deve fornire al praticante un adeguato ambiente di lavoro, riconoscendo allo stesso, dopo un periodo iniziale, un compenso proporzionato all’apporto professionale ricevuto.
II.      L’avvocato deve attestare la veridicità delle annotazioni contenute nel libretto di pratica solo in seguito ad un adeguato controllo e senza indulgere a motivi di favore o di amicizia.
III.      È responsabile disciplinarmente l’avvocato che dia incarico ai praticanti di svolgere attività difensiva non consentita.
 
 
Art. 27 ­– Obbligo di corrispondere con il collega.
 
L’avvocato non può mettersi in contatto diretto con la controparte che sia assistita da altro legale.
I.      Soltanto in casi particolari, per richiedere determinati comportamenti o intimare messe in mora od evitare prescrizioni o decadenze, la corrispondenza può essere indirizzata direttamente alla controparte, sempre peraltro inviandone copia per conoscenza al legale avversario.
II.      Costituisce illecito disciplinare il comportamento dell’avvocato che accetti di ricevere la controparte, sapendo che essa è assistita da un collega, senza informare quest’ultimo e ottenerne il consenso.
 
 
Art. 28 – Divieto di produrre la corrispondenza scambiata con il collega.
 
Non possono essere prodotte o riferite in giudizio le lettere qualificate riservate e comunque la corrispondenza contenente proposte transattive scambiate con i colleghi.
             I.      E’ producibile la corrispondenza intercorsa tra colleghi quando sia stato perfezionato un accordo, di cui la stessa corrispondenza costituisca attuazione.
II.      E’ producibile la corrispondenza dell’avvocato che assicuri l’adempimento delle prestazioni richieste.
III.      L’avvocato non deve consegnare all’assistito la corrispondenza riservata tra colleghi, ma può, qualora venga meno il mandato professionale, consegnarla al professionista che gli succede, il quale è tenuto ad osservare i medesimi criteri di riservatezza.
 
 
Art. 29 ­– Notizie riguardanti il collega
 
L’esibizione in giudizio di documenti relativi alla posizione personale del collega avversario e l’utilizzazione di notizie relative alla sua persona sono vietate, salvo che egli sia parte di un giudizio e che l’uso di tali notizie sia necessario alla tutela di un diritto.
I.      L’avvocato deve astenersi dall’esprimere apprezzamenti denigratori sull’attività professionale di un collega.
 
 
Art. 30 – Obbligo di soddisfare le prestazioni affidate ad altro collega.
 
L’avvocato che scelga e incarichi direttamente altro collega di esercitare le funzioni di rappresentanza o assistenza deve provvedere a retribuirlo, ove non adempia la parte assistita,  tranne che dimostri di essersi inutilmente attivato, anche postergando il proprio credito, per ottenere l’adempimento.
 
Art. 31 – Obbligo di dare istruzioni al collega e obbligo di informativa.
 
L’avvocato è tenuto a dare tempestive istruzioni al collega corrispondente. Quest’ultimo, del pari, è tenuto a dare tempestivamente al collega informazioni dettagliate sull’attività svolta e da svolgere.
I.      L’elezione di domicilio presso altro collega deve essere preventivamente comunicata e consentita.
II.      È fatto divieto all’avvocato corrispondente di definire direttamente una controversia, in via transattiva, senza informare il collega che gli ha affidato l’incarico.
III.      L’avvocato corrispondente, in difetto di istruzioni, deve adoperarsi nel modo più opportuno per la tutela degli interessi della parte, informando non appena possibile il collega che gli ha affidato l’incarico.
 
 
Art. 32 – Divieto di impugnazione della transazione raggiunta con il collega.
 
L’avvocato che abbia raggiunto con il patrono avversario un accordo transattivo accettato dalle parti deve astenersi dal proporre impugnativa giudiziale della transazione intervenuta, salvo che l’impugnazione sia giustificata da fatti particolari non conosciuti o sopravvenuti.
 
Art. 33 ­– Sostituzione del collega nell’attività di difesa.
 
Nel caso di sostituzione di un collega nel corso di un giudizio, per revoca dell’incarico o rinuncia, il nuovo legale dovrà rendere nota la propria nomina al collega sostituito, adoperandosi, senza pregiudizio per l’attività difensiva, perché siano soddisfatte le legittime richieste per le prestazioni svolte.
I.      L’avvocato sostituito deve adoperarsi affinché la successione nel mandato avvenga senza danni per l’assistito, fornendo al nuovo difensore tutti gli elementi per facilitargli la prosecuzione della difesa.
 
 
Art. 34 – Responsabilità dei collaboratori, sostituti e associati.
 
Salvo che il fatto integri un’autonoma responsabilità, i collaboratori, sostituti e ausiliari non sono disciplinarmente responsabili per il compimento di atti per incarichi specifici ricevuti.
I.      Nel caso di associazione professionale, è disciplinarmente responsabile soltanto l’avvocato o gli avvocati a cui si riferiscano i fatti specifici commessi.
 
 
TITOLO  III
 
RAPPORTI CON LA PARTE ASSISTITA
 
Art. 35 – Rapporto di fiducia.
 
Il rapporto con la parte assistita è fondato sulla fiducia.
I. L’incarico deve essere conferito dalla parte assistita o da altro avvocato che la difenda. Qualora sia conferito da un terzo, che intenda tutelare l’interesse della parte assistita ovvero anche un proprio interesse, l’incarico può essere accettato soltanto con il consenso della parte assistita.
II. L’avvocato deve astenersi, dopo il conferimento del mandato, dallo stabilire con l’assistito rapporti di natura economica, patrimoniale o commerciale che in qualunque modo possano influire sul rapporto professionale, salvo quanto previsto nell’art. 45.
 
 
Art. 36 – Autonomia del rapporto.
 
L’avvocato ha l’obbligo di difendere gli interessi della parte assistita nel miglior modo possibile nei limiti del mandato e nell’osservanza della legge e dei principi deontologici.
L’avvocato non deve consapevolmente consigliare azioni inutilmente gravose, né suggerire comportamenti, atti o negozi illeciti, fraudolenti o colpiti da nullità.
I.      L’avvocato, prima di accettare l’incarico, deve accertare l’identità del cliente e dell’eventuale suo rappresentante.
II.      In ogni caso, nel rispetto dei doveri professionali anche per quanto attiene al segreto, l’avvocato deve rifiutare di ricevere o gestire fondi che non siano riferibili a un cliente esattamente individuato.
III.      L’avvocato deve rifiutare di prestare la propria attività quando dagli elementi conosciuti possa fondatamente desumere che essa sia finalizzata alla realizzazione di una operazione illecita.
 
 
Art. 37­ – Conflitto di interessi.
 
L’avvocato ha l’obbligo di astenersi dal prestare attività professionale quando questa determini un conflitto con gli interessi di un proprio assistito o interferisca con lo svolgimento di altro incarico anche non professionale.
I.      Sussiste conflitto di interessi anche nel caso in cui l’espletamento di un nuovo mandato determini la violazione del segreto sulle informazioni fornite da altro assistito, ovvero quando la conoscenza degli affari di una parte possa avvantaggiare ingiustamente un altro assistito, ovvero quando lo svolgimento di un precedente mandato limiti l’indipendenza dell’avvocato nello svolgimento di un nuovo incarico.
II.      L’obbligo di astensione opera altresì se le parti aventi interessi confliggenti si rivolgano ad avvocati  che siano partecipi di  una stessa società di avvocati o associazione professionale o che esercitino negli stessi locali.
 
 
Art. 38 – Inadempimento al mandato.
 
Costituisce violazione dei doveri professionali