(19/04/2024) - Ammissibile il mutamento di rito dinanzi al Giudice di Pace (giudizio introdotto con atto di citazione) - Ordinanza della Corte di Cassazione N.R.G. 7409/2024 del 15.04.2024.

(19/04/2024) - Ammissibile il mutamento di rito dinanzi al Giudice di Pace (giudizio introdotto con atto di citazione) - Ordinanza della Corte di Cassazione N.R.G. 7409/2024 del 15.04.2024.

1. - Nel corso di un giudizio di risarcimento del danno a seguito di sinistro stradale, promosso con atto di citazione nei confronti del responsabile civile e della di lui compagnia assicurativa, il Giudice di pace di Barra, con ordinanza depositata in data 19 marzo 2024, ha disposto il rinvio pregiudiziale di cui all'art. 363-bis c.p.c. per la risoluzione della questione di diritto avente ad oggetto il seguente quesito: se possa procedersi - nei giudizi ordinari davanti al Giudice di Pace ove è previsto, a seguito della riformulazione dell'art. 316 c.p.c. (entrata in vigore il 28.02.2023) che l'atto introduttivo assuma le forme del procedimento semplificato di cognizione di cui agli artt. 281-decies, undecies, duodecies e terdecies c.p.c., e quindi del ricorso - al mutamento del rito qualora il giudizio venga introdotto con atto di citazione a comparire ad udienza fissa, ovvero secondo un rito non più esistente perché abrogato". 2. - L'ordinanza di rinvio pregiudiziale è stata pubblicata nel sito istituzionale della Corte, a cura del Centro elettronico di documentazione, e iscritta alla Cancelleria centrale civile, prendendo il numero 7409 di Registro Generale del 2024. 3. - Il giudice rimettente, in punto di rilevanza della questione ai fini della definizione, anche parziale, del giudizio, evidenzia che alla prima udienza di trattazione secondo il rito prescelto, verificata la regolarità delle notifiche e rimasto contumace il responsabile civile, il difensore dell'attore chiedeva disporsi il mutamento del rito, da citazione a ricorso, in quanto la domanda, ancorché promossa con citazione, aveva prodotto i suoi effetti, mentre la difesa della Compagnia assicurativa si opponeva al mutamento del rito, eccependo L'improponibilità della domanda in quanto introdotta con atto di citazione. 4. - Quanto al fondo della questione oggetto di rinvio ex art. 363-bis c.p.c., il Giudice di pace di Barra osserva, anzitutto, che non si registrano pronunce di legittimità sulla facoltà concessa alla parte di mutare il rito dalla stessa introdotto ove questo "non sia più esistente" e, quindi, "non costituisca più uno strumento processuale a disposizione della parte", come accaduto a seguito della riforma recata dal d.lgs. n. 149 del 2022, in forza della quale, dinanzi al Giudice di pace, sussiste «un solo (e unico) "rito ordinario" che va introdotto nelle forme del procedimento semplificato di cognizione». Il rimettente dà atto, invero, che la giurisprudenza della Corte di cassazione ha, in più di un'occasione (opposizione a decreto ingiuntivo per credito relativi a rapporti di locazione urbana ex art. 447-bis c.p.c.: Cass., Sez. VI-3, 29 dicembre 2016, n. 27343, Cass., Sez. VI-3, 19 settembre 2017, n. 21671, Cass. Sez. Un. 13 gennaio 2022, n. 927; giudizi di impugnazione: Cass., Sez. Un., 8 ottobre 2013, n. 22848, Cass., Sez. Un., 10 febbraio 2014, n. 2907; giudizi in tema di recupero di prestazioni professionali ai sensi dell'art. 14 del d.lgs. n. 150 del 2011: Cass., Sez. VI-2, 21 febbraio 2022, n. 5659; procedimenti semplificati ex d.lgs. n. 150 del 2011: Cass., Sez. Un., 12 gennaio 2022, n. 758), ritenuto possibile, e anzi doveroso, "da parte del giudice di disporre il mutamento del rito, da quello erroneamente adottato dalla parte a quello corretto, anche in ossequio del giusto processo di cui all'art. 111 Cost.". Tuttavia, rileva ancora il giudice a quo, si tratta di decisioni rese "nel quadro normativo previgente all'entrata in vigore della riforma" del 2022, dove, innanzi al Giudice di pace, era previsto un "rito ordinario", da introdursi con citazione, «diverso e distinto da quelli "speciali" (ad esempio in tema di opposizione a sanzione amministrativa ex artt. 6 e 7 del d.lgs. 1.9.2011, n. 150, da proporsi con ricorso secondo le regole proprie del rito del lavoro)». Di qui, pertanto, il "carattere di novità" della questione, che - ad avviso del rimettente - presenterebbe "gravi difficoltà interpretative", come sarebbe dimostrato dall'emersione di ben tre soluzioni ermeneutiche "completamente diverse tra loro". Una prima soluzione, ricavabile dal generale principio di conservazione degli atti processuali, sarebbe quella di riconoscere nell'atto introduttivo prescelto i presupposti sostanziali idonei per proseguire il giudizio nelle mutate forme del ricorso ex art. 316 c.p.c. novellato, utilizzando in chiave analogica l'art. 4, commi 1 e 3, del d.lgs. n. 150 del 2011, disponendo a carico di chi agisce il termine perentorio entro il quale procedere all'eventuale integrazione degli atti e alla notifica alle parti nel rispetto dei termini fissati dal novellato art. 281-undecies c.p.c.; quanto al regime delle decadenze e preclusioni, esse dovrebbero maturare in relazione al rito erroneamente adottato, in applicazione degli artt. 163 e 163- bis c.p.c., in forza del richiamo di cui all'art. 311 c.p.c.; In base ad una seconda soluzione interpretativa, ispirata al principio di tipicità e non fungibilità delle forme degli atti - rispetto al quale il principio di libertà delle forme ex art. 121 c.p.c. trova il limite per i soli atti in relazione ai quali la legge non richiede forme determinate -, l'errata scelta del modello processuale introduttivo imporrebbe la declaratoria di inammissibilità della domanda introdotta con citazione, attesa l'inesistenza, per intervenuta abrogazione, di un rito alternativo, con conseguente inoperatività, proprio per siffatta ragione, dei principi di diritto enunciati dalla citata sentenza n. 927 del 2022 delle Sezioni Unite civili riguardante i procedimenti semplificati disciplinati dal d.lgs. n. 150 del 2011; Infine, una terza opzione ermeneutica, fondata sul "principio finalistico dell'atto introducente il giudizio nelle forme del rito erroneamente adottato", considera possibile disporre il mutamento del rito solo se l'atto introduttivo adottato, ma non più esistente, abbia comunque raggiunto il suo scopo mediante la "notificazione perfetta" di un atto contenente tutti gli elementi relativi all'edictio actionis, diversamente dovendosi dichiarare il procedimento inammissibile anche alla luce dell'art. 156, comma secondo, c.p.c. 5. - Il giudice rimettente assume, infine, che la questione presenta il "carattere della serialità", in quanto "puramente processuale" e, dunque, "ex se suscettibile di (ri)verificarsi in tutti i giudizi proponibili innanzi al Giudice di pace..., non solo in tema di circolazione stradale ma in tutti quelli ratione materiae atque valoris attribuiti a quest'ultimo dall'art. 7 c.p.c. e dalle leggi speciali".- Non sussistono le condizioni previste dall'art. 363-bis c.p.c. perché la questione sollevata dal Giudice di pace di Barra possa trovare ingresso. - Nella specie, non è dato apprezzare, segnatamente, la grave difficoltà interpretativa che attiene alla questione concernente la possibilità, o meno, dopo l'entrata in vigore della riforma del codice di rito recata dal d.lgs. n. 149 del 2022, di operare il mutamento del rito nei giudizi innanzi al giudice di pace introdotti con citazione a comparire ad udienza fissa e non secondo le forme del procedimento semplificato di cognizione, anche se il rito adottato non sia più esistente in quanto abrogato. Come già posto in rilievo con precedenti decreti (da ultimo, con il decreto n. 4071 del 14 febbraio 2014), l'art. 363-bis c.p.c. impegna il giudice del merito ad illustrare le diverse opzioni interpretative in gioco, quale test della serietà del dubbio ermeneutico, che deve assurgere a un livello di serietà idoneo a impedire un arretramento del potere-dovere decisorio del giudice. L'obbligo motivazionale cosi declinato (e funzionalizzato) è volto ad evitare che il giudice operi rinvii puramente esplorativi o ipotetici, richiamandolo ad un approfondito esame di tutte le alternative interpretative che possono porsi, là dove, poi, la grave difficoltà interpretativa non può derivare dalla scelta tra soluzioni contrapposte, benché implicanti operazioni ermeneutiche differenti. Sarebbe, infatti, improprio l'utilizzo del rinvio pregiudiziale ove rivolto unicamente a conseguire un avallo interpretativo dalla Corte di cassazione diretto a preservare la decisione del rimettente da una diversa lettura ed applicazione delle norme ad opera del giudice dell'impugnazione. Ed infatti, diversamente opinando, ogni questione interpretativa dovrebbe dirsi passibile di essere sottoposta, tramite l'istituto di cui all'art. 363- bis c.p.c., alla decisione della Corte di cassazione, finendo con l'inaridire il compito di interpretare la legge, che è dovere indeclinabile di ogni giudice. 8. - Nella specie, il giudice a quo, da un lato, mostra chiaramente di avere contezza di quale sia la giurisprudenza di questa Corte nei casi di rito erroneamente adottato dalla parte c, del resto, proprio in forza dei principi da essa enucleabili, ha evidenziato quali potrebbero essere, in concreto, le soluzioni ermeneutiche praticabili, nell'ambito delle quali ben potrebbe, il medesimo giudice, maturare il proprio convincimento. Peraltro, soccorrono ad integrare il quadro giurisprudenziale tratteggiato dal rimettente, e ad arricchire i contenuti delle opzioni interpretative di cui può disporre il medesimo giudice, ulteriori precedenti, i quali consentono di collocare utilmente la questione anche in un più ampio e sedimentato contesto, assegnando specifica rilevanza al principio secondo il quale "'erronea applicazione delle regole procedurali non può pregiudicare o aggravare in modo non proporzionato l'accertamento del diritto, sicché dall'adozione di un rito errato non deriva alcuna nullità, né la stessa può essere dedotta quale motivo di gravame, a meno che l'errore non abbia inciso sul contraddittorio o sull'esercizio del diritto di difesa o non abbia, in generale, cagionato un qualsivoglia altro specifico pregiudizio processuale alla parte" (cosi, più di recente nell'ambito dell'abrogato "rito societario", Cass., Sez. I, 12 maggio 2021, n. 12567; in precedenza, tra le altre, Cass., Sez. II, 17 ottobre 2014, n. 22075, Cass., Sez. III, 27 gennaio 2015, n. 1448 e Cass., Sez. Lav., 5 aprile 2018, n. 8422). 9. - Il rinvio pregiudiziale sollevato dal Giudice di pace di Barra deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile. 

P.Q.M. 

Visto l'art. 363-bis c.p.c., dichiara inammissibile il rinvio pregiudiziale sollevato dal Giudice di pace di Barra, con l'ordinanza di cui in premessa. 

Roma, 15 aprile 2024 

La Prima Presidente 

Margherita Cassano