24.09.2024 - Responsabilità del datore di lavoro per condotta stressogena: basta un solo episodio? -

La tutela dell’integrità psico-fisica dei lavoratori è garantita come principio assoluto dalla Costituzione italiana (artt. 2, 32, 35 e 41 Cost.), che non ammette eccezioni legate a fattori di fatalità, ineluttabilità o fattibilità economica ("La tutela dell'integrità psico-fisica dei lavoratori è garantita dalla Costituzione (artt. 2, 32, 35 e 41 Cost.) come principio assoluto, che non ammette sconti a fattori quali l'ineluttabilità, la fatalità, la fattibilità economica e produttiva nella predisposizione di condizioni ambientali sicure e salubri. [...] il diritto alla salute ha assunto progressivamente un significato più ampio della mera garanzia dell'incolumità fisica, configurandosi come diritto ad un ambiente salubre. [...] la disciplina della sicurezza in azienda pertanto non mira più solamente ad evitare o a ridurre il rischio di malattia o di infermità, ma è diretto a realizzare un contesto organizzativo aziendale nel quale vengono tutelati anche la personalità e il benessere psicologico del lavoratore").
Il datore di lavoro è sempre responsabile della salute e della sicurezza dei lavoratori, anche rispetto a rischi di natura psicosociale e stress lavoro-correlato ("La responsabilità in materia di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori rimane sempre, e in ogni caso, in capo al datore di lavoro, il quale deve tutelare l'integrità psico-fisica del lavoratore a prescindere dal luogo di svolgimento della prestazione lavorativa (art. 2087 c.c.).
Rischi da stress lavoro-correlato e obblighi di prevenzione.
Tra i rischi specificamente individuati dalla normativa vi è lo stress lavoro-correlato, definito come la percezione di squilibrio tra le richieste dell’organizzazione e le capacità individuali del lavoratore ("Lo stress in ambito lavorativo, il c.d. stress lavoro-correlato, è la percezione di squilibrio avvertita dal lavoratore quando le richieste dell'organizzazione e dell'ambiente di lavoro eccedono le capacità individuali, necessarie per fronteggiare tali richieste. [...] un' esposizione prolungata a fattori stressogeni può essere fonte di rischio per la salute, psicologico e fisico, che può aggravarsi fino a ridurre l'efficienza sul lavoro, con manifestazioni che si vanno a ripercuotere sulle performance aziendali (assenteismo, malattia, richieste di trasferimenti, ecc.).
La valutazione e la gestione dei rischi psicosociali sono obbligatorie, e il datore di lavoro deve adottare misure di prevenzione anche rispetto a situazioni che possono manifestarsi come episodi isolati ma idonei a ledere l'integrità psicofisica del lavoratore ("La disciplina della sicurezza in azienda pertanto non mira più solamente ad evitare o a ridurre il rischio di malattia o di infermità, ma è diretto a realizzare un contesto organizzativo aziendale nel quale vengono tutelati anche la personalità e il benessere psicologico del lavoratore (si pensi all'importanza che hanno assunto, negli ultimi anni, la valutazione e la prevenzione dei c.d. rischi trasversali, tra cui il rischio stress lavoro-correlato).
Un solo episodio può essere sufficiente? Distinzione tra mobbing e straining.
La giurisprudenza distingue tra mobbing (che richiede una pluralità di comportamenti persecutori, sistematici e reiterati) e altre condotte illecite come lo straining, che può essere integrato anche da un singolo episodio idoneo a ledere la salute del lavoratore:
Mobbing: Richiede la prova di una serie sistematica e reiterata di comportamenti vessatori con intento persecutorio ("Il lavoratore deve allegare e provare i fatti che dimostrano l'intento persecutorio del datore di lavoro. A tal fine devono essere allegati e provati i comportamenti del datore di lavoro tali da rivelare in modo inequivoco la esplicita volontà di emarginazione del dipendente (Cass. ord. 29 dicembre 2020 n. 29767; Cass. 8 gennaio 2016 n. 158; Trib. Ascoli Piceno 18 marzo 2016 n. 100).
Straining: È sufficiente anche un solo episodio che, pur non integrando una condotta sistematica, sia idoneo a ledere la salute psicofisica del lavoratore. In tal caso, la responsabilità datoriale può essere affermata anche in assenza di reiterazione ("Qualora si accerti lo straining (e non il mobbing), la domanda di risarcimento del danno deve essere comunque accolta, dal momento che, al di là della qualificazione come mobbing o straining, quello che conta è che il fatto commesso, anche isolatamente, sia un fatto illecito (ex art. 2087 c.c.) da cui sia derivata la violazione di interessi protetti del lavoratore al più elevato livello dell'ordinamento, come la sua integrità psicofisica, la dignità, l'identità personale, la partecipazione alla vita sociale e politica (Cass. ord. 19 ottobre 2023 n. 29101).
Onere della prova e criteri per la responsabilità.
Ai fini del riconoscimento della responsabilità del datore di lavoro, è necessario che il lavoratore provi:
La lesione dell’integrità psico-fisica (oggettiva, non solo percepita soggettivamente);
Il nesso causale tra la condotta del datore di lavoro (anche isolata) e il danno subito ("sul datore di lavoro grava l'onere di provare di avere adempiuto all'obbligo di protezione dell'integrità psico-fisica del lavoratore; sul lavoratore, invece, grava l'onere di provare: - la lesione dell'integrità psico-fisica (il comportamento datoriale deve essere obiettivamente lesivo, non basta la percezione come tale da parte del lavoratore: Cass. 28 agosto 2013 n. 19814), e - il nesso di causalità tra l'evento dannoso e l'espletamento della propria prestazione lavorativa (Cass. 14 maggio 2014 n. 10424; Cass. 19 marzo 2012 n. 4321; Trib. Trieste 5 luglio 2013).
Applicazione al caso concreto
Alla luce della normativa e della giurisprudenza, si può affermare che:
Non è necessaria la reiterazione o la pluralità di condotte stressogene per fondare la responsabilità del datore di lavoro: anche un singolo episodio può essere sufficiente, se idoneo a causare un pregiudizio oggettivo alla salute psico-fisica del lavoratore ("Qualora si accerti lo straining (e non il mobbing), la domanda di risarcimento del danno deve essere comunque accolta, dal momento che, al di là della qualificazione come mobbing o straining, quello che conta è che il fatto commesso, anche isolatamente, sia un fatto illecito (ex art. 2087 c.c.) da cui sia derivata la violazione di interessi protetti del lavoratore al più elevato livello dell'ordinamento, come la sua integrità psicofisica, la dignità, l'identità personale, la partecipazione alla vita sociale e politica (Cass. ord. 19 ottobre 2023 n. 29101).
L’importante è che l’episodio sia oggettivamente lesivo e che sia accertato il nesso causale tra la condotta e il danno subito.
La pluralità e sistematicità sono invece richieste solo per la qualificazione del comportamento come mobbing, con le relative conseguenze anche in termini di prova.
Ai fini della responsabilità del datore di lavoro per violazione dell’obbligo di tutela della salute psico-fisica del lavoratore (art. 2087 c.c.), non è richiesta la reiterazione o sistematicità delle condotte lesive: è sufficiente anche un solo fatto stressogeno, purché oggettivamente idoneo a ledere la salute del lavoratore e sussista il nesso causale con il danno. La pluralità di condotte rileva invece per la configurazione del mobbing, mentre per lo straining o altre condotte illecite, anche un singolo episodio può fondare la responsabilità e quindi la punibilità del datore di lavoro ("Qualora si accerti lo straining (e non il mobbing), la domanda di risarcimento del danno deve essere comunque accolta, dal momento che, al di là della qualificazione come mobbing o straining, quello che conta è che il fatto commesso, anche isolatamente, sia un fatto illecito (ex art. 2087 c.c.) da cui sia derivata la violazione di interessi protetti del lavoratore al più elevato livello dell'ordinamento, come la sua integrità psicofisica, la dignità, l'identità personale, la partecipazione alla vita sociale e politica (Cass. ord. 19 ottobre 2023 n. 29101).